L'art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016, recante "Soglie di rilevanza comunitaria e metodi di calcolo del valore stimato degli appalti", al co. 18 regolamenta la cosiddetta "anticipazione del prezzo". Tale esborso monetario, nato in origine per i soli contratti di appalto di lavori, trova pericolosamente applicazione a tutte le fattispecie contrattuali disciplinate dal Codice dei contratti. In questo modo, la stazione appaltante ha l'obbligo normativo di erogare all'appaltatore, entro 15 giorni dall'inizio della prestazione, un'anticipazione pari al 20% del valore del contratto, previo rilascio di una garanzia fideiussoria. Se, da un lato, questa novella normativa permette al mercato nuova liquidità, dall'altro tale liquidità deve essere procurata, sottraendola ad altre diverse destinazioni. Ed è questa una delle principali problematiche da affrontare poiché, in un regime di bilancio di previsione di cassa autorizzatorio a risorse contenute, l'utilizzo delle medesime non potrà garantire la copertura monetaria globale delle spese nel bilancio programmabili a discapito di bisogni anche a volte istituzionalmente fondamentali. L'anticipazione è un esborso che fa generare in capo all'ente un credito nei confronti dell'appaltatore da recuperare secondo "il cronoprogramma della prestazione". Ai fini del rispetto del postulato di bilancio n. 5 occorre trovare una modalità di contabilizzazione di questa fattispecie normativa che non vizi le informazioni degli schemi di bilancio. Acquisito che l'ente ha un credito verso il proprio appaltatore e che la concessione deriva da un obbligo normativo, la medesima avrà un'iscrizione in entrata (tit. 5°, tipologia 503 - riscossione di crediti a medio lungo termine finanziante una concessione di crediti a medio lungo termine contabilizzabile al tit. 3°, macroaggregato 303). La monetizzazione in entrata e in spesa dell'anticipazione seguirà, poi, quanto definito dal richiamato art. 35.
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